Per gli
specialisti dell'arte, l'icona è opera di un pittore greco del XIV secolo; ma
per i Monaci del Monte Athos si tratta di una icona di San Luca, che si sarebbe
trovata a Damasco ai tempi di San Giovanni Damasceno (VIII sec.), e al quale
avrebbe fatto il miracolo di restituirgli la mano mozzata. Il Santo avrebbe poi
portata con sé l'icona nella Lavra di S. Saba, presso Gerusalemme, dove
trascorse il resto della sua vita. Alla sua morte, avvenuta nel 749, l'icona
rimase in tale Monastero fino al secolo XIII, allorché l'igumeno la donò al
metropolita della Serbia, pure di nome Saba (+ 1237), giunto in pellegrinaggio
in Terra Santa (vd. la storia dell'icona della Nutrice). Tornato in patria, questi ne fece dono al fratello Stefano Nemanya, re della Serbia, raccomandandogli di custodirla con cura e di venerarla
come insigne tesoro di famiglia. Più tardi, dopo l'estinzione della dinastia e
l'occupazione turca della Serbia, l'icona fu trasportata sul Monte Athos,
divenuta nel frattempo sempre più famosa per i molti e nuovi prodigi, e fu
appunto collocata nel monastero Hilander, dove si trova tuttora.
Nell'agiografia di
San Giovanni Damasceno (Santo e Dottore della Chiesa, la sua
memoria cade il 4 dicembre), viene spiegata la presenza della terza mano. La
storia che segue si fonda su un fatto
reale, ossia sull'energica lotta del Santo in difesa delle immagini sacre dopo
il decreto iconoclastico emanato tra il 726 ed il 730 dall'imperatore Leone Isaurico.
Leone, molto irritato dal rifiuto del santo di adeguarsi alle sue disposizioni, aveva cercato di punire il
Damasceno il quale, però, si trovava in territorio arabo, fuori dunque della sua
giurisdizione. Trovò così uno stratagemma: mandò a Damasco lettere false che
accusavano Giovanni di tramare contro il sovrano Omaiade, suo amico e
protettore. Il Califfo, che pure aveva in grande stima la famiglia
dell'accusato, prese sul serio la notizia: fece mozzare la mano destra di
Giovanni e dette ordine di appenderla sulla piazza pubblica a scopo dissuasivo.
Venuta la sera, Giovanni si recò in chiesa, dove si
prostrò davanti all'immagine della Madre di Dio; scandì tra i gemiti la
preghiera seguente, chiedendo la grazia della restituzione della sua mano
mozzata:
Signora, Madre purissima,
che partoristi il mio Dio,
è a motivo delle immagini
sacre
che la mia mano destra è stata mozzata.
Tu non ignori la causa di questa
rabbia di Leone.
Affrettati, dunque,
fa' vedere il tuo soccorso e ridammi la mia
mano.
La destra dell'Altissimo,
di Colui che in te si è incarnato,
fa prodigi
senza numero per la tua intercessione.
Possa Egli guarire questa mia mano destra
mediante le tue preghiere
ed essa comporrà per te e per colui che in te si è
incarnato,
inni e melodie armoniose, e si farà,
o Madre di Dio, strumento della
fede.
Tu puoi, difatti, ciò che vuoi, poiché tu sei vera Madre di Dio.
Detta la preghiera, Giovanni si addormentò. La Madre di Dio gli apparve in sogno
dicendo: «La tua mano è guarita, adempi senza indugio il voto che hai fatto
nella tua preghiera». Destandosi, Giovanni si accorse di essere guarito. Allora
si alzò e con le mani levate in alto modulò tutta la notte il seguente inno di
sua composizione:
La tua destra, Signore,
si è grandemente magnificata!
La tua destra ha risanato
la mia mano tagliata!
Per suo mezzo,
tu getti nella confusione i nemici
che
rifiutano di venerare l'Immagine tua
e quella di Colei che ti ha dato alla luce.
E nella multiformità della tua gloria
tu distruggerai per mezzo di questa mia
mano
i nemici distruttori delle Immagini
Riconosciuto l'intervento divino, il sovrano di Damasco reintegrò Giovanni nelle
sue funzioni e nella sua dignità. In segno di gratitudine per la sua
Benefattrice, San Giovanni fece confezionare una mano votiva in argento e la
fece appendere all'icona, accanto alla mano della Madre di Dio. Alcuni
sostengono che avesse fatto dipingere una mano sulla stessa icona, onde
l'appellativo di Tricherússa dato alla medesima. In seguito, l'immagine seguì il
Santo nel Monastero di S. Saba, per prendere poi la strada della Serbia e,
quindi, della Santa Montagna, come abbiamo ricordato.
E' interessante osservare come l’episodio accaduto a San Giovanni Damasceno è
molto sentito anche nella tradizione cattolica, al punto da poter parlare di una
comune devozione! In effetti la scena viene commissionata e rappresentata per
ben due volte: da Guido Reni (affresco in S. Maria Maggiore, Roma) e da
Luigi Miradori detto il Genovesino 1646 (dipinto
conservato nella Chiesa della Maddalena, Cremona).
Le particolarità di questa icona però non finiscono qua, infatti è risaputo che
il monte Athos è una zona proibita al sesso femminile! Per quanto possa sembrare
strano, Hilander è il solo monastero atonita diretto da una madre superiora e -
cosa più strana ancora - la stessa da secoli!
La tradizione sostiene che quando i monaci provarono a fissare l'icona della
Vergine Tricherússa
sull'iconostasi, l'icona scomparve miracolosamente per essere ritrovata "seduta"
sul seggio dell'abate. Dopo che il miracolo si ripetè per tre volte, i monaci si
decisero a porre l'icona sulla cattedra dell'abate e a dare alla Vergine quanto
richiedeva: il primato nel loro monastero. (Tratto da "Monte Athos" Porta del
cielo - autore Kiros Kokkas - ed San Paol)
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