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Le Catechesi di Regina Mundi
La comunione non è una scoperta della teologia ma è condizione costitutiva della Chiesa stessa. La Chiesa è costituita da una pluralità di diverse identità che fanno COMUNIONE in Cristo. È la realtà di molte membra congiunte in un corpo solo, l'unico Corpo di Cristo (cfr 1 Cor 12,12). È Il genio del cristianesimo è “creare Comunità” Tenere unite le persone non perché affini, non perché hanno idee politiche comuni, non perché condividono una stessa filosofia ma perché, nelle loro differenze spesso irriducibili, si ritrovano uniti in Cristo, in cammino verso Dio e verso il Regno. Nella pluralità di identità, si accoglie l’altro come un dono. Anziani e giovani, uomini e donne, bambini e adulti, di etnie, culture e lingue diverse, in Cristo possono trovare unità “Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.” (Gal 3,28) E precisa M. Valentina nella bellissima meditazione per la novena di Pentecoste: “La forza della loro unità, la forza di coesione, non si basa sui singoli doni, ma sull’unico centro comune che è la persona di Gesù. Ecco la forza anche della nostra comunione che fa diventare la diversità una ricchezza e un dono per costruire il suo regno.” (madre M.Valentina CMOP) Nella Chiesa non c’è un modello unico di forma di vita ma ne possono sorgere diversi nello stesso solco, uniti allo stesso ceppo, come i tralci alla vite. Tutto dipende da ciò che lo Spirito suscita. Ci sono le diverse vocazioni, come dice S. Paolo “È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo”(Ef 4, 11-12) Così ci saranno vocazioni al matrimonio, alla vita religiosa, a diversi carismi nella vita religiosa Occorre essere duttili all’azione dello Spirito Santo che suscita diverse forme di vita a seconda dei momenti storici, per declinare il Vangelo nella vita della società di quel tempo. Spesso suscita diverse forme di vita anche all’interno di uno stesso carisma che caratterizza una congregazione religiosa. Per questo abbiamo, come nella nostra comunità, fratelli, sorelle, sacerdoti, secolari, famiglie, collaboratori che condividono lo stesso carisma e la stessa missione con diverse modalità di vita e in diversi ambiti culturali e sociali. Leggiamo nel Vangelo come Gesù ha adottato modalità differenti di incontro, una pluralità di modi per incontrare l’altro e narrare Dio a persone che vivono situazioni e ambiti differenti: ( malati, peccatori, apostoli, donne, uomini ecc) La vita cristiana, nonché la vita religiosa, non si adatta a un modello di spiritualità preconfezionato, che cala dall’alto e che deve essere semplicemente applicato, ma è una realtà vivente che, proprio per l’obbedienza al Vangelo, deve essere ricreata di fronte a ogni persona e a ogni situazione. Lo Spirito Santo assume tutte le dimensioni umane e le porta a unificazione della “Famiglia di Dio” fino a portare tutti e ciascuno a invocare Dio, Abbà, Padre “Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. [15] E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre!"(Rm8,14-15) La vita cristiana è dunque un modello di vita spirituale dinamico, creativo, capace di abbracciare tutto l’uomo, di assumerne le dimensioni vitali e orientarle alla sequela di Gesù Cristo. Bisogna essere attenti a non assumere delle forme di vita etichettate, omologate e standardizzate che, sotto la definizione di “cristiani” o persino “consacrati” rischiano di vivere vite appiattite, che si giustificano nell’omologazione dell’appartenenza a un istituto, a una parrocchia, ecc… ripiegati su se stessi, più concentrati su ciò che non piace, che disturba la propria comodità o più attenti agli sbagli del prossimo, piuttosto che orientare l’attenzione sui talenti e i doni personali e sulla responsabilità di metterli a frutto. In questo modo si rischia di vivere vite grigie e timide, incapaci di comunicare il fuoco del Vangelo. Tuttavia la comunione non è mai una cosa facile. sarà sempre fragile, continuamente messa alla prova e spesso anche contraddetta. Crediamo che si fa comunione solo con la buona volontà, agevolati da attrazione reciproca da simpatia o affinità di carattere ma ci rendiamo conto più di una volta che questi non sono elementi sufficienti a creare armonia e comunione. Per questo, quando abbiamo puntato solo sui nostri sforzi ci può capitare di provare delusione e scoraggiamento. Non si può fare comunione senza percorrere un cammino spirituale, una spiritualità di comunione. E’ interessante osservare l’episodio de Profeta Elia che scoraggiato e depresso perché era rimasto solo e perseguitato come profeta del Signore, “Egli si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: "Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”(1Re 19,4) Come Elia possiamo sperimentare che il Signore non è nel vento impetuoso dell’eccesso di zelo o nel terremoto del sussulto emotivo che mi fa concentrare sul mio stato: “mi sento”, “mi piace”o nel fuoco del trasporto affettivo o delle passioni incontrollate. Il Signore si trova nella brezza leggera, nella voce del silenzio e dà senso e vita allo zelo, ai sentimenti alle emozioni che rendono viva la comunione. La Comunione non può prescindere da un sano equilibrio tra attività e contemplazione, tra carità e preghiera, tra partecipazione attiva alla vita e silenzio interiore. Occorre una spiritualità della comunione. “Spiritualità della comunione, - dice GP II nella Lettera Apostolica “ Novo Millennio Ineunte- significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell'unità profonda del Corpo mistico, dunque, come « uno che mi appartiene », per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia. Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c'è nell'altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio: un « dono per me », oltre che per il fratello che lo ha direttamente ricevuto. Spiritualità della comunione è infine saper « fare spazio » al fratello, portando « i pesi gli uni degli altri » (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie. Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz'anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita.” Occorre tanta perseveranza nella preghiera, come quella dei discepoli di Gesù riuniti con Maria nel cenacolo che, come dice GPII : “Non fu una preghiera di momentanea esaltazione. La parola indica un’assiduità paziente, in un certo senso persino «ostinata», che include un sacrificio e un superamento di difficoltà. Fu dunque la preghiera dell’impegno più completo non soltanto del cuore, ma anche della volontà. “ (GPII Udienza Generale 21 /6/1989) Gli Apostoli e i Discepoli di Gesù raccolti intorno a Maria nel Cenacolo, oltre a essere perseveranti erano concordi “Restare insieme fu la condizione posta da Gesù per accogliere la venuta del Paraclito, e la prolungata preghiera fu il presupposto della loro concordia. Troviamo qui una formidabile lezione per ogni comunità cristiana. Talora si pensa che l’efficacia missionaria dipenda principalmente da un’attenta programmazione e dalla sua intelligente messa in opera mediante un impegno concreto. Certo, il Signore chiede la nostra collaborazione, ma prima di qualsiasi nostra risposta è necessaria la sua iniziativa: è il suo Spirito il vero protagonista della Chiesa, da invocare e accogliere.” (Benedetto XVI Omelia 5 giugno 2011). Con Maria, la madre di Gesù” (cf. At 1, 14). S. Massimo Confessore descrive così la presenza di Maria nella comunità dei primi cristiani: “Dopo che il Signore ascese al cielo - e lo videro salire ai cieli gli Apostoli con la Vergine santa - subito mandò loro degli angeli per consolarli e annunciare la sua seconda futura venuta: dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia, e si fortificavano coraggiosamente nella preghiera, «insieme con Maria, la Madre di Gesù, e i suoi fratelli» (At 1, 14): perché la santa Madre di Dio fu sempre partecipe e apportatrice di ogni bene, anche dopo l'ascensione di Cristo. Già quando viveva nel suo paese (di Nazareth) portava a compimento ogni bene, era anzi il tesoro di tutti i beni, e, pur vivendo in quel luogo, era modello e guida a tutte le cose più sante; così ora, dopo 1'ascensione, la santa Madre di Cristo era modello per gli uomini e per le donne, e guida ad ogni buona azione, con la grazia e l'aiuto di suo Figlio, il Re della gloria. Per questo allora ingiunse digiuno e preghiera ai santi Apostoli, ed essi perseverarono nel digiuno, nella preghiera e nella supplica finché si compì il cinquantesimo giorno e furono riempiti dalla grazia dello Spirito Santo, consolatore dell'anima. Da quel momento questi degni Apostoli uscirono a predicare il Vangelo, seminarono la parola di vita a Gerusalemme e in tutta la Giudea e poco dopo fino agli estremi confini della terra, là dove indicava loro lo Spirito Santo; e si fecero dei discepoli fra tutti i Gentili e li battezzavano nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, secondo il comando del Signore. (da "La Vita di Maria", S. Massimo il Confessore, Testi Mariani, vol. 2, pag. 257-58, Città Nuova ed.) Maria nel cenacolo, con il suo amore di madre, ci insegna a vegliare nella preghiera, concordi e assidui, intenti al compito che il Signore ci ha affidato e nel posto in cui egli ci ha collocato, pronti a cogliere e ad assecondare i segni e gli inviti che ci vengono dalla Parola di Dio e dagli avvenimenti della vita. Ci insegna ad impegnarci, come singoli e come Comunità, per tenere saldo il “corpo” di Cristo, aderendo alla grazia dello Spirito Santo. Nel cenacolo Maria ci educa ad essere annunciatori e testimoni del vangelo ai vicini e ai lontani, come ha fatto la Chiesa nascente dopo essere stata rivestita della forza dello Spirito Santo, con la testimonianza silenziosa e discreta della santità e con il continuo impegno nella carità. Lo stare insieme a Maria, il farsi istruire da Lei, imparare da Lei, ci spinge a instaurare con il prossimo rapporti di carità. Il cuore della vita della comunità cristiana, infatti, è la carità reciproca, una carità sull’esempio dell’amore di Gesù per noi. L'amore (per Dio e per i fratelli) comporta la capacita di mettere in gioco, senza riserve e senza timori, tutto se stesso, fino al dono supremo dell'esistenza. Carità e croce sono indisgiungibili. È nella sua passione e morte in croce che Gesù ci da la lezione suprema sulla carità. Chi non è disposto al sacrificio, non ama veramente. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.” (Gv 15,13) Non è tanto la sofferenza in sé che dà forza all’amore ma è il sacrificio interiore della rinuncia al proprio io, il sacrificio della propria volontà per andare incontro all’altro, per essere solidali e capaci di com-patire come Gesù. Per maturare relazioni sane, accoglienti e amorevoli come quelle di Gesù, dobbiamo ricorrere a Lui, lasciarci modellare nel suo Corpo e nel suo Sangue, nutrirci di Lui facendo “comunione” con Lui e con i fratelli. La nostra accoglienza dovrà essere modellata sulla sua. Egli non solo condivide la nostra storia, ma ci dona Se Stesso. Leggiamo nel Vangelo come Gesù sostenga il bene e la dignità di ogni persona che incontra, andando anche contro corrente. Come Lui e con Lui anche noi dobbiamo lavorare per il bene e la pace degli altri nella verità e nell’amore, anche se ciò, in un mondo come il nostro, comporta fatica e rischi anche estremi mettendosi al servizio dell’altro, anche dove l’amore è contrastato dall’odio e dall’ingiustizia. Così si può spezzare la catena di odio, l’arroganza che spesso nasce dall’insicurezza e dalla fragilità affettiva di molti. Cosi si può costruire la comunione, perché l’uomo, sentendosi amato impara ad accettarsi come creatura imperfetta, che deve crescere e maturare attraverso l’esercizio dell’amore. Il potere dell’amore è come il potere di Dio, che si rivolge ad ogni creatura e l’accoglie nella sua debolezza, mettendosi al suo fianco e persino al suo servizio. Dio ci potenzia con il suo Spirito, perché possiamo aprirci concretamente alla vita, Dona la capacità di perdere la propria vita per poi ritrovarla in Lui (Mt 16,25). Adoperandosi per il bene degli altri in modo solidale, generoso e gratuito l’uomo trova la Pace. Quella Pace che Dio ha promesso agli uomini di buona volontà, agli uomini che Egli ama. “e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti". (Lc 14,12) Se non ci sentiamo capaci di un amore pieno, non dobbiamo scoraggiarci. Se non riusciamo a trovare tutte le risposte all’esigenza della comunione forse potremmo non essere ancora in grado di viverle. Possiamo però metterci in cammino, come il profeta Elia, addentrandoci con fiducia nel deserto della nostra incapacità, attraversando l’imperfezione del vento impetuoso, del terremoto, del fuoco, fino a giungere a quella voce del silenzio che viene nella brezza leggera dell’Amore di Dio. Iniziamo a vivere le domande, meditandole nel cuore, come Maria, nella preghiera e pian piano ci troveremo a vivere nella fede anche le risposte. “Cari figli, vi invito nuovamente ad amare e non a giudicare. Mio Figlio, per volontà del Padre Celeste, è stato in mezzo a voi per mostrarvi la via della salvezza, per salvarvi e non per giudicarvi. Se volete seguire mio Figlio, non giudicherete ma amerete, come il Padre Celeste ama voi. Anche quando state più male, quando cadete sotto il peso della croce, non disperatevi, non giudicate, ma ricordate che siete amati e lodate il Padre Celeste per il suo amore. Figli miei, non deviate dalla strada per cui vi guido. Non correte verso la perdizione. La preghiera ed il digiuno vi rafforzino, affinché possiate vivere come il Padre Celeste vorrebbe; affinché siate i miei apostoli della fede e dell'amore; affinché la vostra vita benedica coloro che incontrate; affinché siate una cosa sola col Padre Celeste e con mio Figlio. Figli miei, questa è l'unica verità, la verità che porta alla vostra conversione e poi alla conversione di tutti coloro che incontrate e che non hanno conosciuto mio Figlio, di tutti coloro che non sanno cosa significa amare. Figli miei, mio Figlio vi ha donato i pastori: custoditeli, pregate per loro. Vi ringrazio! Dato a Mirjana Dragicevic, il 2 Maggio 2013 del 27/06/2013 Ricerca catechesiRicerca fra tutte le catechesi il termine:
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