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Sant'Ilario di Poitiers

Oggi vorrei parlare di un grande Padre della Chiesa di Occidente,
sant’Ilario di Poitiers, una delle grandi figure di Vescovi del IV
secolo. Nel confronto con gli ariani, che consideravano il Figlio di Dio
Gesù una creatura, sia pure eccellente, ma solo creatura, Ilario ha
consacrato tutta la sua vita alla difesa della fede nella divinità di
Gesù Cristo, Figlio di Dio e Dio come il Padre, che lo ha generato fin
dall’eternità.
Non disponiamo di dati sicuri sulla maggior parte della vita di Ilario.
Le fonti antiche dicono che nacque a Poitiers, probabilmente verso
l’anno 310. Di famiglia agiata, ricevette una solida formazione
letteraria, ben riconoscibile nei suoi scritti. Non sembra che sia
cresciuto in un ambiente cristiano. Egli stesso ci parla di un cammino
di ricerca della verità, che lo condusse man mano al riconoscimento del
Dio creatore e del Dio incarnato, morto per darci la vita eterna.
Battezzato verso il 345, fu eletto Vescovo della sua città natale
intorno al 353-354. Negli anni successivi Ilario scrisse la sua prima
opera, il Commento al Vangelo di Matteo. Si tratta del più antico
commento in lingua latina che ci sia pervenuto di questo Vangelo. Nel
356 Ilario assiste come Vescovo al sinodo di Béziers, nel sud della
Francia, il «sinodo dei falsi apostoli», come egli stesso lo chiama, dal
momento che l’assemblea fu dominata dai Vescovi filoariani, che negavano
la divinità di Gesù Cristo. Questi «falsi apostoli» chiesero
all’imperatore Costanzo la condanna all’esilio del Vescovo di Poitiers.
Così Ilario fu costretto a lasciare la Gallia durante l’estate del 356.
Esiliato in Frigia, nell’attuale Turchia, Ilario si trovò a contatto con
un contesto religioso totalmente dominato dall’arianesimo. Anche lì la
sua sollecitudine di Pastore lo spinse a lavorare strenuamente per il
ristabilimento dell’unità della Chiesa, sulla base della retta fede
formulata dal Concilio di Nicea. A questo scopo egli avviò la stesura
della sua opera dogmatica più importante e conosciuta: La Trinità. In
essa Ilario espone il suo personale cammino verso la conoscenza di Dio e
si preoccupa di mostrare che la Scrittura attesta chiaramente la
divinità del Figlio e la sua uguaglianza con il Padre, non soltanto nel
Nuovo Testamento, ma anche in molte pagine dell’Antico, in cui già
appare il mistero di Cristo. Di fronte agli ariani egli insiste sulla
verità dei nomi di Padre e di Figlio e sviluppa tutta la sua teologia
trinitaria partendo dalla formula del Battesimo donataci dal Signore
stesso: «Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».
Il Padre e il Figlio sono della stessa natura. E se alcuni passi del
Nuovo Testamento potrebbero far pensare che il Figlio sia inferiore al
Padre, Ilario offre regole precise per evitare interpretazioni
fuorvianti: alcuni testi della Scrittura parlano di Gesù come Dio, altri
invece mettono in risalto la sua umanità. Alcuni si riferiscono a Lui
nella sua preesistenza presso il Padre; altri prendono in considerazione
lo stato di abbassamento (kénosis), la sua discesa fino alla morte;
altri, infine, lo contemplano nella gloria della risurrezione. Negli
anni del suo esilio Ilario scrisse anche il Libro dei Sinodi, nel quale
riproduce e commenta per i suoi confratelli Vescovi della Gallia le
confessioni di fede e altri documenti dei sinodi riuniti in Oriente
intorno alla metà del IV secolo. Sempre fermo nell’opposizione agli
ariani radicali, sant’Ilario mostra uno spirito conciliante nei
confronti di coloro che accettavano di confessare che il Figlio era
somigliante al Padre nell’essenza, naturalmente cercando di condurli
verso la piena fede, secondo la quale non vi è soltanto una somiglianza,
ma una vera uguaglianza del Padre e del Figlio nella divinità. Anche
questo mi sembra caratteristico: lo spirito di conciliazione che cerca
di comprendere quelli che ancora non sono arrivati e li aiuta, con
grande intelligenza teologica, a giungere alla piena fede nella divinità
vera del Signore Gesù Cristo.
Nel 360 o nel 361 Ilario poté finalmente tornare dall’esilio in patria e
subito riprese l’attività pastorale nella sua Chiesa, ma l’influsso del
suo magistero si estese di fatto ben oltre i confini di essa. Un sinodo
celebrato a Parigi nel 360 o nel 361 riprende il linguaggio del Concilio
di Nicea. Alcuni autori antichi pensano che questa svolta antiariana
dell’episcopato della Gallia sia stata in larga parte dovuta alla
fortezza e alla mansuetudine del Vescovo di Poitiers. Questo era appunto
il suo dono: coniugare fortezza nella fede e mansuetudine nel rapporto
interpersonale. Negli ultimi anni di vita egli compose ancora i Trattati
sui Salmi, un commento a cinquantotto Salmi, interpretati secondo il
principio evidenziato nell’introduzione dell’opera: «Non c’è dubbio che
tutte le cose che si dicono nei Salmi si devono intendere secondo
l’annunzio evangelico, in modo che, qualunque sia la voce con cui lo
spirito profetico ha parlato, tutto sia comunque riferito alla
conoscenza della venuta del Signore nostro Gesù Cristo, alla sua
incarnazione, passione e regno, e alla gloria e potenza della nostra
risurrezione» (Istruzione sui Salmi 5). Egli vede in tutti i Salmi
questa trasparenza del mistero di Cristo e del suo Corpo, che è la
Chiesa. In diverse occasioni Ilario si incontrò con san Martino: proprio
vicino a Poitiers il futuro Vescovo di Tours fondò un monastero, che
esiste ancor oggi. Ilario morì nel 367. La sua memoria liturgica si
celebra il 13 gennaio. Nel 1851 il beato Pio IX lo proclamò Dottore
della Chiesa.
Per riassumere l’essenziale della sua dottrina, vorrei dire che Ilario
trova il punto di partenza della sua riflessione teologica nella fede
battesimale. Nel De Trinitate Ilario scrive: Gesù «ha comandato di
battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (cfr Mt
28,19), cioè nella confessione dell’Autore, dell’Unigenito e del Dono.
Uno solo è l’Autore di tutte le cose, perché uno solo è Dio Padre, dal
quale tutto procede. E uno solo il Signore nostro Gesù Cristo, mediante
il quale tutto fu fatto (1 Cor 8,6), e uno solo è lo Spirito (Ef 4,4),
dono in tutti ... In nulla potrà essere trovata mancante una pienezza
così grande, in cui convergono nel Padre, nel Figlio e nello Spirito
Santo l’immensità nell’Eterno, la rivelazione nell’Immagine, la gioia
nel Dono» (2,1). Dio Padre, essendo tutto amore, è capace di comunicare
in pienezza la sua divinità al Figlio. Trovo particolarmente bella la
seguente formula di sant’Ilario: «Dio non sa essere altro se non amore,
non sa essere altro se non Padre. E chi ama non è invidioso, e chi è
Padre lo è nella sua totalità. Questo nome non ammette compromessi,
quasi che Dio sia padre in certi aspetti, e in altri non lo sia» (ibid.,
9,61).
Per questo il Figlio è pienamente Dio senza alcuna mancanza o
diminuzione: «Colui che viene dal perfetto è perfetto, perché chi ha
tutto, gli ha dato tutto» (ibid., 2,8). Soltanto in Cristo, Figlio di
Dio e Figlio dell’uomo, trova salvezza l’umanità. Assumendo la natura
umana, Egli ha unito a sé ogni uomo, «si è fatto la carne di tutti noi»
(Trattato sui Salmi 54,9); «ha assunto in sé la natura di ogni carne e,
divenuto per mezzo di essa la vite vera, ha in sé la radice di ogni
tralcio» (ibid., 51,16). Proprio per questo il cammino verso Cristo è
aperto a tutti – perché egli ha attirato tutti nel suo essere uomo –,
anche se è richiesta sempre la conversione personale: «Mediante la
relazione con la sua carne, l’accesso a Cristo è aperto a tutti, a patto
che si spoglino dell’uomo vecchio (cfr Ef 4,22) e lo inchiodino alla sua
croce (cfr Col 2,14); a patto che abbandonino le opere di prima e si
convertano, per essere sepolti con Lui nel suo Battesimo, in vista della
vita (cfr Col 1,12; Rm 6,4)» (ibid., 91,9).
La fedeltà a Dio è un dono della sua grazia. Perciò sant’Ilario chiede,
alla fine del suo trattato sulla Trinità, di potersi mantenere sempre
fedele alla fede del Battesimo. E’ una caratteristica di questo libro:
la riflessione si trasforma in preghiera e la preghiera ritorna
riflessione. Tutto il libro è un dialogo con Dio.
Vorrei concludere l’odierna catechesi con una di queste preghiere, che
diviene così anche preghiera nostra: «Fa’, o Signore – recita Ilario in
modo ispirato – che io mi mantenga sempre fedele a ciò che ho professato
nel Simbolo della mia rigenerazione, quando sono stato battezzato nel
Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Che io adori te, nostro Padre,
e insieme con te il tuo Figlio; che io meriti il tuo Spirito Santo, il
quale procede da te mediante il tuo Unigenito... Amen» (La Trinità
12,57).
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